
Scrivere un libro è come sedersi su una panchina, lasciando un posto libero. Siedimi vicino, ti racconto una storia.
Ieri l’ho fatto. Famiglia, oggi si va al cinema! Destinazione “The Lego Movie“.
Su questo blog la mia passione per i mattoncini è stata raccontata poche volte, forse perché sto ancora aspettando di crearne una sezione, forse perché i LEGO “son roba mia” ma, dovete capire che la premessa è d’obbligo, per chi sta scrivendo i LEGO rappresentano ben più di quello che sono (ossia il giocattolo più bello del mondo): rappresentano un modo di vivere.
Ecco quindi, senza rivelare nulla sulla trama per non rovinare alcuna sorpresa, cinque ragioni per cui “The Lego Movie” è un film da vedere:
Sacrificio: […] a. Grave privazione o rinuncia, volontaria o imposta, a beni e necessità elementari, materiali o morali: per acquistare l’appartamento hanno dovuto fare molti s.; nella sua vita non ha conosciuto che sacrifici; ha raggiunto il successo a costo di grossi s.; una professione che richiede dedizione e spirito di sacrificio. Per estens., iperb., lieve rinuncia a piccoli interessi e comodità o soddisfazioni, a qualcosa di gradito o di desiderato: non c’è per lui s. più grande che rinunciare al pisolino pomeridiano; mettersi a dieta è stato per lei un grosso sacrificio. […].
Fonte Treccani – (http://www.treccani.it/vocabolario/sacrificio/)
Era partito male e sulle prime, son sincero, non ci credevo nemmeno io. Un bambino di sette anni, leggermente meno alto della media, non può dall’oggi al domani calciare un Pallone da Rugby sopra i pali.
Aggiungo anche che oggettivamente, non avendo mai avuto a che fare con palloni diversi da quelli ovali, la dimestichezza col piede è quella che è, risultato: poca, pochissima coordinazione. Fatto sta che se vedi qualcuno intorno a te fare il gesto tecnico senza problemi, se alla tele vedi sempre gente che fa solo quello e se, per l’appunto, sei un bambino, lo spirito di emulazione nasce da solo.
La fondazione Dottor Sorriso è una fondazione che fa ridere. Mica per dire, si occupa di pagliacci ed altre cose buffe, tutto quello che serve per strappare un sorriso a chi si sente triste.
Quando sei un bambino dovresti ridere sempre. Certe volte però la vita si mette di mezzo e potrebbe essere che anziché vedere parchi giochi, giostre e tutto quel genere di cose finisci invece in ospedale.
Lì è tutto bianco, scialbo, ed è difficile vedere negli altri la felicità di cui un bambino dovrebbe essere circondato.
E’ lì che arriva il Dottor Sorriso.
Uno pensa dopo tutti questi anni di aver visto tutto, ed invece si sveglia una mattina e scopre che esiste una protesta dei forconi.
Dico, ora.
C’è stato un momento in cui il premier Italiano veniva accusato di favoreggiamento alla prostituzione minorile, ma non era quello il tempo.
C’è stato un momento in cui il capo dello stato ha fatto cadere il governo eletto dal popolo e ne ha messo su uno di tecnici, anticostituzionalmente, ma non era quello il tempo.
C’è stato un momento in cui si è temuto venissero tassati anche gli atti sessuali privati dal nuovo premier italiano, ma non era nemmeno quello il tempo.
C’è stato un momento in cui si sono fatte le elezioni, ma ciò che ne è uscito è stato uno stato di confusione generale da cui è emerso un nuovo premier, ancora una volta non eletto dal popolo, ma non era neanche questo il tempo.
Durante questo periodo i prezzi si alzavano, gli stipendi rimanevano uguali, le fabbriche chiudevano, l’irpef aumentava (vedi qui) ed infine l’IVA passava in due anni dal 20% al 22%. Affossando definitivamente le speranze di chi pensava di sopravvivere.
Evidentemente però, non era nemmeno questo il momento di impugnare i forconi.
Premessa importantissima per chi ama The Walking Dead: questa recensione non svela esplicitamente nulla di quanto presente nel volume 17 ed esprime opinioni assolutamente personali.
Insomma, lo specifico perché farò delle critiche alla serie.
Amen, l’ho detto, mi sento più leggero.
Ho iniziato a leggere The Walking Dead per colpa della serie TV. Lo so, da appassionato di fumetti questo peccato me lo potevo pure risparmiare, ma detto tra noi, prima di vedere le puntate su Sky TWD non sapevo nemmeno cosa fosse. Conoscevo lo scrittore. Kirkman aveva fatto qualche capatina nel mondo Marvel, ma questa serie non sapevo proprio cosa fosse. Così a suo tempo (ormai un paio di anni fa), mi son precipitato da Supergulp ed ho recuperato i volumi della serie a fumetti, iniziando a seguirla appassionatamente.
Sia chiaro per chi non ha idea di cosa sia questo fumetto, anche se in ogni copertina ci sono almeno un paio di morti viventi, TWD non è una serie sugli Zombie. Gli Zombie fanno “panorama”, sono il pretesto per raccontare le storie di un gruppo variopinto di sopravvissuti. Le iterazioni dei personaggi infatti la fanno da padrone. Ok, in sé il fumetto è denso di momenti splatter, ma gli Zombie davvero c’entrano pochissimo.
La prima dozzina di volumi è uno spettacolo. Ritmo altissimo, uno sconvolgimento dopo l’altro, il lettore si sente uno dei sopravvissuti, si affeziona, si commuove se qualcuno muore, insomma, è pienamente coinvolto.
Poi dopo si rompe qualcosa.
E la legge dei grandi numeri secondo cui tutto deve avere una fine è confermata.
E qui iniziano le mie critiche.
C’è un retroscena che non è stato (ancora) svelato di Ardo: è stato scritto a penna. O meglio, a chi ha partecipato alle presentazioni la cosa è stata svelata, ma di fatto ora faccio outing ufficiale.
Il fatto che di mestiere io faccia l’informatico dovrebbe portare a pensare che inevitabilmente tutto quello che scrivo sia per forza di cose digitale.
Niente di più sbagliato.
Mi piace scrivere a penna, sentire male al polso quando scrivi per un’ora di fila, mettere le righe in fila, ordinatamente, su un foglio bianco.
Poco tempo fa ho ricevuto la lettera di cui sopra. In epoca di email, comunicazione digitale ed affetti virtuali mi ha fatto un certo effetto. Primo perché un complimento scritto a penna, verba volant, vale più di mille email che puoi cancellare (anche per sbaglio) e poi perché, oh, non sono solo!
(altro…)Incredibile, a pensarci bene non l’avrei mai detto. Cosa? Di scrivere un post di natura economico-sociale. Eppure eccolo qua. Con degli amici mi è capitato di discutere su Facebook delle proposte avanzate dai nostri governanti sul tema dell’esenzione del pagamento dell’IRPEF per i redditi inferiori a 12 mila euro.
Tutto nasce da questo articolo del Corriere della sera.
Insomma cosa abbiamo ricavato dalla discussione? La depressione, chiaro. Però anche alcuni dati molto interessanti per i profani che come me capiscono poco di tutti i discorsi di IRPEF, tasse ed ammennicoli vari, ma le pagano e basta.
Un avvertimento: leggere solo se si ha realmente la voglia di rovinarsi la giornata.
Viviamo in tempi strani.
Non sarà sfuggito ai più che pochi giorni fa un premio Nobel per la pace ha detto di essere pronto a dare “ordine per un intervento limitato” (Articolo di Repubblica), che si traduce nell’effettuare operazioni di guerra su un territorio considerato nemico.
Ora, qui la discussione non vuole vertere sul capire se in Siria siano state usate (o meno) le armi chimiche. Ci sono dei commissari ONU che ci si augura riescano a fare tutte le verifiche del caso per capire come, quando e perché tali attacchi sono stati effettuati, in particolare chi li ha effettuati, ma è compito loro, non di chi scrive, né di chi legge.
Il problema è un altro.
Almeno per noi che viviamo a centinaia di chilometri da questi posti e siamo benedetti dal fatto di non vivere ogni giorno nella violenza, senza capire se riusciremo a proteggere le nostre famiglie fino a domani.