“Pensa quante cose non so più trovare qua, e la mia gente piano muore”. E’ la frase di una canzone dei Timorìa (che lascio tu scopra da solo) che ben rappresenta come mi sento anno dopo anno qui in questo paese. Fra poco tu avrai quattro mesi, e la tua primavera è appena iniziata. E ragionando in stagioni io sono quasi alla fine della mia estate e quando mi guardo in giro qui faccio la conta degli inverni altrui. Pian piano ti rendi conto che nessuno è eterno. Nemmeno tu.
Visto che però non voglio rattristarti ti cito cosa ha detto oggi tuo fratello in proposito: “Le stagioni sono un ciclo, la vita è un ciclo… Aspetta… Anche la bicicletta è un ciclo!”.
Categoria: L’anno del Miracolo
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L’anno del miracolo – 13 agosto
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L’anno del miracolo – 12 agosto
Oggi ho ripreso matita e foglio bianco ed ho disegnato. E’ una delle tante cose che mi piace fare. Non sono molto bravo, ma il disegno mi affascina.
Spero che tu finisca per innamorarti di una qualche forma d’arte.
E’ straordinario vedere come gli uomini riescano ad emozionare raccontando la realtà dal loro punto di vista. E’ questa l’arte. Mostrare come tu vedi qualcosa. Tua sorella ha scoperto da poco di essere bravissima a fotografare le cose. Tuo fratello crea ambientazioni con quello che trova, fogli, sacchetti e via dicendo.
La mia speranza su cosa farai tu? Qualsiasi cosa, tranne il critico. -
L’anno del miracolo – 11 agosto
Non c’è ragione di continuità nelle tue notti. Ogni due ore ti svegli ed è un disastro. Per fortuna che siamo in ferie e la mattina non si deve andare al lavoro, altrimenti sarebbe durissima. Stavo pensando che in questo diario potrei segnare per ogni giorno se la notte precedente è stata OK o KO, giusto per farti sentire un po’ in colpa quando sarai grande e leggerai tutto questo.
Sappi che non lo farò perché ti voglio bene, ma al momento la fila di KO sarebbe un papiro immenso. -
L’anno del miracolo – 10 agosto
Stasera “Apocalypse Now”. Non il film, ma il tuo pianto disperato e continuato. La giornata è andata via liscia, la serata pure, ma ora è da quasi un quarto d’ora che piangi in continuazione.
Io e tua madre ci guardiamo e diciamo “I denti”, “il vento”, “la stanchezza”, “il mal di pancia”.
La verità è che in questi momenti lo sa solo il Signore cos’hai. Noi no. Noi stiamo lì, sopportiamo e aspettiamo. Oggi però riflettevo su questo: per quanto ogni tanto siano solo lacrime, compensi abbondantemente con i sorrisi. -
L’anno del miracolo – 09 agosto
Non ti vedevo da una settimana, ma non sei cambiato molto. Anche se la tua fisionomia muta di giorno in giorno. Hai sempre più aspetti che sono solo tuoi e non che “assomigliano a”. Hai anche la tosse. Questa notte, per quel motivo, ti sarai svegliato cento volte. Eppure la mamma ha detto “Non è niente di che”. Ne è convinta. Ho insistito lo stesso per farti dare un’occhiata dal pediatra del posto. Vuoi sapere com’è andata? Ti ha guardato, ti ha visitato, ha alzato gli occhi e ha detto “Non è niente di che”.
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L’anno del miracolo – 08 agosto
Alla fine l’ho fatto. Ieri notte ho lavorato fino alle tre, stamane mi son svegliato alle sette. Ho pulito, preparato e caricato la macchina, sono passato da un cliente, ho lavorato col gatto nella cesta e poi vi ho raggiunto.
Nessuno lo sapeva. Ho chiamato tua sorella dicendole che alla porta c’era un esperto di computer che l’avrebbe aiutata con il suo tablet. Lei e mamma hanno aperto perplesse. Mi hanno visto e mamma ha pianto. Tu mi hai sorriso, io avevo regali per tutti.
Ora sono completamente esausto, ma non mi sono mai sentito così vivo. -
L’anno del miracolo – 07 agosto
Casa vuota, l’una di notte. Sto dormendo da un po’ quando vengo svegliato di soprassalto da un rumore proveniente dall’armadio.
BUM! BUM! Fa così.
Mi sollevo, accendo la luce.
BUM! BUM! Ancora.
Mi faccio coraggio ed apro l’armadio. La porta scorre e spunta una testa. Di gatto. Della gatta Isabella, per la precisione. Come sia finita lì nessuno lo saprà mai.
La guardo, mi guarda.
Miao, mi dice, e sbadigliando si mette sul suo cuscino. Io, invece, non chiuderò più occhio. -
L’anno del miracolo – 06 agosto
Non ho mai capito quelli che avendo una famiglia viaggiano sempre per lavoro. Io non ci sono mai riuscito. Al lavoro ci tengo, credo anche di lavorare bene, ma la mia quotidianità è la famiglia. Tutte le volte che sono in una stanza d’albergo, in trasferta, sento che sto tradendo il mio ideale, sto tradendo voi, perché il posto che ho scelto per la mia vita è lì con voi, per sentire com’è andata la vostra giornata, abbracciarvi, baciarvi, vivervi. Da lontano non si può e il telefono è una farsa che mi fa quasi innervosire.
Essere a casa con voi via cambia la forma, ma non la sostanza. Voi nutrite la mia anima. -
L’anno del miracolo – 05 agosto
In questi giorni ti ho scritto molto senza “parlarti” veramente. Questo perché tu, la mamma, tua sorella e tuoo fratello siete partiti per la montagna. Io devo lavorare ancora una settimana perciò gli unici in casa siamo io e la gatta Isabella. Odio stare in casa da solo, è deprimente. Una casa che è sempre piena di vita e si svuota d’improvviso diventa cupa e soprattutto silenziosa. Anche se sbuffo quando ti svegli (sempre) la notte son già qua che conto i giorni che ci separano. Sperando che passino veloci. Perché è questione di natura. Ho bisogno di avervi intorno e di sbuffare perché mi rompete. Perché io la mia vita la volevo rotta così, da sempre.
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L’anno del miracolo – 04 agosto
Sui gatti sono sempre stato diffidente. Mi hanno sempre dato l’impressione di essere animali di poca compagnia, attaccati alla casa, al cibo, ma poco all’uomo.
Da piccolo avevo un gatto che era una belva. Si chiamava Rambo e quando lo prendevo non faceva che mordermi e graffiarmi. Certo, io non sarò stato il più delicato dei padroni (ero un bambino), ma anche lui…
Così quando la mamma ha proposto di prenderne uno io non ero troppo entusiasta, ma come ti scrivevo, ho preferito non farla aspettare e spingere per averlo subito. Mai scelta fu più giusta, perché da quel momento nella nostra casa è arrivata lei, la regina, Isis. O, come la chiamo io, Isabella.