
Domanda: sei tollerante?
Risposta: sì.
Domanda: senza riserve?
Risposta: sì.
Domanda: sei contro la violenza e l’estremismo?
Risposta: sì, nella maniera più assoluta.
Pensa bene a queste risposte…
Tre mesi fa ho soppresso il mio cane.
Aveva diciassette anni e non si muoveva quasi più. Eravamo stati dal veterinario tre volte nei sei mesi precedenti, e tutte le volte non me la sono sentita di completare la procedura. La situazione alla fine è diventata però insostenibile, quando ho assistito alle ultime convulsioni mi sono deciso. Dopo che il veterinario ha dato il calmante ho chiesto se potevo fare io l’iniezione letale, perché ero stato io a prendere la decisione e sentivo di dover essere io a portarla a compimento.
Non mi è stato permesso.
Questione di procedure.
Ma lo avrei fatto.
Ero il padrone, avevo il diritto di fare quella scelta.
Cosa c’entra questa storia con il titolo di questo articolo? Provo a spiegare.
Ardo è un romanzo distopico, ucronico. Paroloni complessi per dire che sostanzialmente non si tratta di vicende ambientate nel mondo che si conosce, quanto in una sua versione alternativa. A volte il tema è quello post apocalittico, altre volte è la storia porta ad esplorare “cosa sarebbe successo se” un tal evento (non) si fosse verificato.
Pseudo storia. Ipotesi. In questo senso, quando ho scritto Ardo, dovendo trattare di un pacifista, ho dovuto ambientare la vicenda in un mondo fittizio.
Ho pensato a quale sarebbe stata la situazione più angosciante in cui l’Italia sarebbe potuta sprofondare. Pian piano ho definito un’Italia in cui il servizio di leva obbligatorio è stato ripristinato, in cui esisteva nuovamente un ministro della guerra.
C’è un momento nella storia di Ardo in cui, reduce da una serie di fatiche enormi, il protagonista vuole gettare la spugna. E’ un riflesso condizionato. Inevitabile di fronte all’evidenza che gli sforzi fatti per cambiare le cose si sono rivelati all’apparenza inutili. Non solo, lo hanno anche messo in pericolo.
Ardo vorrebbe lasciare tutto, dedicarsi alle prospettive delle persone comuni, alla vita che gli si pone davanti insieme alla sua donna.
Ed è con Giulia che Ardo sta camminando quando sente questa canzone, ed è una canzone forse non adatta al momento vissuto, quasi fuori luogo.
Stiamo parlando della canzone più romantica che sia mai stata scritta: Kiss me, dei Sixpence None The Richer.
Finalmente c’è il progetto. E’ facilmente osservabile da questa immagine:
Descrivo velocemente:
1) La suola è prodotta con materiale anti ceramica, anti plastica ed anti asfalto.
2) Sul retro della scarpa ci sarà uno switch che consentirà di selezionare i tre livelli di innalzamento, o fluttuazione. Non è specificato, ma è da considerarsi in metri, quindi da uno a tre metri.
3) Le scarpe saranno due.
Cos’altro aggiungere: io metto le mani avanti, essendo in un’epoca di brevetti e proprietà intellettuali, non si venga a dire “ci avevo pensato prima io”: questo progetto è di mio figlio e quando un domani queste scarpe verranno prodotte (stiamo elaborando un prototipo) staremo a vedere chi avrà ragione.
Le prime affermazioni dell’inventore sono state “Ma ci pensi quando i miei amici a scuola mi vedranno arrivare con queste scarpe?“. Come dargli torto?
E dopo il pluripremiato articolo dedicato ai neo papà, ecco arrivare il richiestissimo (!!!) articolo relativo alla controparte, ormai assurta dal politically correct a genitore due (o genitore uno, a seconda dell’ordine scelto), altrimenti detto Mamma.
Ecco quindi i cinque segreti per far sopravvivere una donna alla nascita di suo figlio. Un articolo che manifesta la totale presunzione di un uomo che pretende di aver capito qualcosa delle donne (ovviamente è una farsa, ma almeno ho provato).
Se tutto partisse da una citazione, sarebbe questa:
… Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive, sono scoccati lontano.
K. Gibran
Che belle parole. Il problema però non sono i figli, perché qui si parla dei genitori. In particolare del genitore uomo. Il quale notoriamente si ritrova ribaltato come un calzino con l’arrivo della “cosa da un altro mondo”.
Dovendomi apprestare per la terza volta ad affrontare l’avventura, ecco che ho deciso di condividere lo scrigno dei segreti da sapere affinché un uomo possa rimanere indenne all’arrivo di suo figlio.
E ci tengo a precisare: questa non è presunzione, è sopravvivenza. Tra l’altro… Il Gibran della citazione è morto alcolizzato.
Ieri l’ho fatto. Famiglia, oggi si va al cinema! Destinazione “The Lego Movie“.
Su questo blog la mia passione per i mattoncini è stata raccontata poche volte, forse perché sto ancora aspettando di crearne una sezione, forse perché i LEGO “son roba mia” ma, dovete capire che la premessa è d’obbligo, per chi sta scrivendo i LEGO rappresentano ben più di quello che sono (ossia il giocattolo più bello del mondo): rappresentano un modo di vivere.
Ecco quindi, senza rivelare nulla sulla trama per non rovinare alcuna sorpresa, cinque ragioni per cui “The Lego Movie” è un film da vedere:
Sacrificio: […] a. Grave privazione o rinuncia, volontaria o imposta, a beni e necessità elementari, materiali o morali: per acquistare l’appartamento hanno dovuto fare molti s.; nella sua vita non ha conosciuto che sacrifici; ha raggiunto il successo a costo di grossi s.; una professione che richiede dedizione e spirito di sacrificio. Per estens., iperb., lieve rinuncia a piccoli interessi e comodità o soddisfazioni, a qualcosa di gradito o di desiderato: non c’è per lui s. più grande che rinunciare al pisolino pomeridiano; mettersi a dieta è stato per lei un grosso sacrificio. […].
Fonte Treccani – (http://www.treccani.it/vocabolario/sacrificio/)