Viviamo in tempi strani.
Non sarà sfuggito ai più che pochi giorni fa un premio Nobel per la pace ha detto di essere pronto a dare “ordine per un intervento limitato” (Articolo di Repubblica), che si traduce nell’effettuare operazioni di guerra su un territorio considerato nemico.
Ora, qui la discussione non vuole vertere sul capire se in Siria siano state usate (o meno) le armi chimiche. Ci sono dei commissari ONU che ci si augura riescano a fare tutte le verifiche del caso per capire come, quando e perché tali attacchi sono stati effettuati, in particolare chi li ha effettuati, ma è compito loro, non di chi scrive, né di chi legge.
Il problema è un altro.
Almeno per noi che viviamo a centinaia di chilometri da questi posti e siamo benedetti dal fatto di non vivere ogni giorno nella violenza, senza capire se riusciremo a proteggere le nostre famiglie fino a domani.
Ed è proprio dal concetto di famiglia che tutto parte. Se sei un buon genitore non puoi prescindere dal dare l’esempio. E’ questione di coerenza.
L’uomo che sarà tuo figlio dipenderà direttamente da quello che la sua figura di riferimento (tu, genitore) gli mostrerà.
Se gli dici “rispetta gli altri” e poi al primo che svolta davanti a te senza freccia lo sfanculi manco fosse la fiera dell’insulto, lui capirà che, se è il caso, è giusto insultare.
Se il tizio dell’edicola ti da il resto sbagliato e tu non gli fai notare l’errore vantandoti con tuo figlio della tua furbizia, lui capirà che, se non ti vede nessuno, è giusto rubare.
Se al cinema in fila per il biglietto passi davanti a tutti senza preoccuparti di chi era lì da prima di te per prendere i posti migliori, lui capirà che, se qualcosa gli interessa, è giusto passare davanti agli altri.
E’ matematica.
Un posto di responsabilità presuppone che chi ti guarda, ti segue, ti eleva a guida, parta dalle tue azioni per misurare le sue. E l’animo umano cerca sempre una guida.
Quel “Yes we can” di Obama sembrava una luce di speranza per tutti. Era finita l’era guerrafondaia dell’America che cercava bombe inesistenti in Iraq. Il latore di guerra Bush era stato deposto ed al suo posto era arrivato questo signore che sembrava voler davvero cambiare le cose. Tutti uguali, diritti per tutti, riforma della sanità, ce la possiamo fare a creare un domani migliore, Yes we can.
Entusiasmo globale. Un premio nobel per la pace così, sulla fiducia. Come dare un Oscar al trailer anziché al film. Ma ci vogliamo fidare.
I conti, però, hanno iniziato a non tornare da subito.
L’ambasciatore Siriano alle nazioni unite, Bashare Ja’Afari, in un’intervista alla CNN (qui il testo integrale), commenta così lo stato delle cose e da una fotografia chiara di quello di cui la Siria (ma in generale, il mondo) ha bisogno:
“Yes, we do have a domestic crisis. Yes, wrong doings happened in the past. Yes, injustices took place in Syria in the past. We need to correct these and we believe in what Obama said as his logo in elections, a change, yes we can, and yes we need. In Syria itself as well as outside of Syria, the whole area needs peace. We don’t need further wars. We don’t need further destabilization. After all, all this bloodshed, that would happen sooner or later. All of the victims will be innocent, whether they are Americans, Syrians, Iranians, Turkish and Saudis or Jordanians.”
“Sì, stiamo vivendo una crisi interna. Sì, cose sbagliate sono successe nel passato. Sì, l’ingiustizia ha vissuto in Siria nel passato. Abbiamo bisogno di correggere e crediamo in quello che Obama ha detto nella sua campagna elettorale, un cambiamento, yes we can, e sì, ne abbiamo bisogno. Nel Siria stessa ed al di fuori di essa, l’intera are necessita di pace. Non abbiamo bisogno di ulteriori guerre. Non abbiamo bisogno di ulteriori destabilizzazioni. Dopo tutto, tutto questo spargimento di sangue, che prima o poi succederà, tutte le vittime saranno innocenti, indipendentemente dal fatto che siamo Americani, Siriani, Iraninani, Turchi e Sauditi o Giordani”
Ma il nobel per la pace in questo momento è sordo. E’ pronto a dichiarare guerra. E la gente intorno, che guarda a questo padre putativo come esempio, forse penserà “è giusto fare la guerra“.
Sì, è proprio un mondo strano.
Se è la forza che determina il diritto, allora non c’è posto per l’amore in questo mondo.
Padre Gabriel a Rodrigo Mendoza, nel film The Mission