Il concetto è sempre quello, l’ho ripetuto più volte: sul palco, giù dal palco o a casa propria.
Così come ho detto questo ho sempre ripetuto che a prescindere io scelgo il palco. Per tutta una serie di ragioni, prendendo insieme oneri ed onori. In genere oneri tanti, onori pochissimi. Perché stando sul palco ti esponi. Non solamente perché, evidentemente, sei di fronte a tutti, ma anche perché mostri, senza lasciar dubbi come sei fatto. Come affronti le cose, come le interpreti.
Sabato 4, giorno del recital “Sempre” su quel palco eravamo in tanti. Non tantissimi eh, ma un bel gruppo di persone affiatate, che hanno collaborato un giorno intero nel quale tutto quello che poteva andar storto, lo ha fatto. Il tutto dopo sei mesi di prove costanti.
E’ andato tutto talmente storto da finire la prova generale un quarto d’ora prima che la gente iniziasse a popolare la sala.
Altra cosa storta: la gente. Poca, metà di quella che ci poteva stare, e lo si sapeva. Il “ponte” sapevamo vi avrebbe fregato. Solo che era l’unica data disponibile. Vai a capire i meccanismi del comune, anzi, meglio proprio non pensarci.
Così arrivati alla fine di uno spettacolo perfetto sotto tutti i punti di vista e contro ogni aspettativa, stremati dalla giornata, la domanda che ho fatto a diverse persone è stata: ma ne vale la pena?
Perché va bene la soddisfazione di portare in scena qualcosa di proprio, va bene che quelli che giudicano dicono “Bello”, “Stupendo” e soprattutto “Da rifare!”. Va bene tutto, solo che alla fine, quando ti accorgi che a malapena sei rientrato nei costi un po’ la voglia ti scappa. Dici anche a te stesso: ma ne vale la pena?
A quel punto scatta il silenzio.
Sono finiti i saluti, acquisiti i complimenti, incassate le critiche.
Ti fermi, guardi Tia, Tadde, la Vale, la Fede, la Rosy, Peppinello, Claudio, poi Marco, Giovi, anche Ange, Andre, la Raffa che è più stanca di te, lo Zibi che è in trance agonistica, il Sò ed il Lore che smontano a destra e sinistra freschi come due rose, il Valle e Fabio che è meglio, molto meglio, tardi che mai e poi… Poi anche basta.
Perché come altro potrebbe essere più chiara la risposta?
Se ne vale la pena?
Sempre.