Sì sa, per chi gioca le domeniche libere son poche. E allora che si fa? Gita familiare: destinazione Venezia. La città dei dogi. Uno dei posti più romantici al mondo, il posto che forse più di tutti ci è invidiato dal mondo. Insomma, il presupposto è quello di vivere una bellissima giornata.
Invece no. E non è perché il treno ha tardato mezzora a partire. Non è nemmeno perché il treno ha tardato due ore anche a tornare. Niente di tutto questo: Venezia è una puttana d’alto borgo.
Esci dalla stazione e ti si abbagliano gli occhi. Sulla sinistra c’è il ponte Scalzi. Già suggerisce l’imponenza dell’intera città: pare sospeso. L’obiettivo, al solito, è sempre quello: arrivare in piazza San Marco. Siamo però in una città straniera, è bene munirsi di una cartina: vai con le prime tre euro. Si sa, orientarsi costa.
Forse avrei dovuto pensarci prima, con google maps puoi girartela tutta Venezia. Forse ci vorrebbe uno di quei navigatori portatili… Magari un telefono che si collega a Google maps…
Oppure…
Ehi amico… Rallenta! Sei in gita.
Giusto, apriamo la cartina. Accidenti se è lontana la piazza. Quasi quasi si può optare per il batomouche, ah no non si chiama così qui. Lo chiamerò navebus, un autobus del mare. Ragazzi però, quanta gente c’è in fila. Così un po’ timorosi ci si avvicina, si da un’occhiata alla fattibilità e si legge un sei virgola cinquanta euro all’altezza del prezzo. Allora ti informi: ma pago quei soldi (per ogni persona, se sei in quattro fan ventisei euro) e poi lo uso come mezzo di trasporto per tutto il giorno oppure?
La risposta è oppure. Precisamente sessanta minuti di tempo.
Bambini, mi piange il cuore, ma si cammina. E poi dai che siamo rimasti seduti sul treno mezzora più del dovuto, volete diventare obesi? Un po’ di moto fa bene. Allora via nei vicoli, sopra i ponticelli, ad inseguire queste vie che si ricongiungono con sempre ben fisso l’obiettivo che è indicato da cartelli un po’ ovunque: la piazza.
Arriva il mezzogiorno, che se hai i figli affamati diventa di fuoco. Dici, cerco una panchina e si mangia un panino. Solo che porca miseria di panchine non se ne vedono. Ci sono bar un po’ ovunque, ma si sa se ti siedi, consumi. Se però da consumare te lo sei portato da casa, stai in piedi che è meglio o al massimo ti adagi all’ingresso di un cortile, sperando che non esca nessuno.
Rinfocillati? Via che si riparte.
Quasi quasi ci prendiamo la gondola eh? Ottanta euro. Però ti porta cinquanta minuti. No dai, hai visto mai che ti viene il mal di mare e non te la godi.
Un chiesuccia tenera tenera, vado dentro a vedere, tu stai fuori coi bambini poi ti do il cambio. Che organizzazione ragazzi. Un segno di croce e sono dentro. Vado verso l’altare, ma l’agguato è alle spalle.
“Pssst. Signore!”
“Dice a me?”
“Sì”
“Dica”
“Per vedere la chiesa son tre euro.”
“Apposto. Torno a vedere il vicolo. Buona giornata.”
“A lei.”
Vallo a spiegare poi…
“Bella la chiesa?”
“Stavano ristrutturando.”
E via di nuovo verso la piazza. Eccoci al ponte di Rialto.
Ah Venezia, che romanticismo. Però forse conveniva partire un po’ prima, c’è molta, molta gente. Fa niente. Restiamo concentrati sull’obiettivo. Dimentica il fatto di non aver trovato un bagno pubblico e di aver pagato l’utilizzo dei servizi due gelati. Resta concentrato.
E’ un miraggio? No. E’ piazza San Marco. La gente è tanta, ma che romanticismo però. Sediamoci a godercela dai. Dove? Ci sarà una panchina. No. Ci sono i bar con le loro sedie ed il quartetto d’archi che suona per te e ti cucina un caffè da sei euro. Meglio di no, la caffeina fa gli scherzi. Però ci sono i rialzi per quando c’è la piena accatastati, sediamoci lì dai, meglio che niente.
Ah Venezia…
“La fila che arriva fino al mare è per?”
“Salire sulla cattedrale.”
“Quant’è?”
(ormai si sa)
“Tre euro.”
“Secondo me è più bella da giù.”
Tutto sembra perfetto, ma nasce di nuovo la malsana esigenza di andare in bagno.
La prossima volta magari si viene senza bambini dai. Eppure son così bravi… Tra l’altro, siamo in piazza San Marco per la miseria, qui c’è per forza un bagno pubblico. Eccolo la: è indicato per terra, segui la freccia WC. Ci siamo, ma è tutto sbarrato. Abbiamo sbagliato, è la prigione comunale. Tutto a posto ci dicono, è solo che andare in bagno costa uno virgola cinquanta centesimi di euro. Dentro ragazzi, e mi raccomando, fatela tutta.
Si esce, avanti di lì ci sono dei giardini pubblici ed incredibile: delle panchine. Forza allora. Tutti seduti e prendete fiato che c’è ancora il ritorno da fare.
E così si prende fiato. E si pensa a come sarebbe bello anziché vedere un albero trovarsi seduti su una panchina in piazza San Marco, ma ci si deve accontentare.
Mica si può avere tutto.
Via che si torna quindi. E nel tornare indietro apprezzi di più ciò che hai visto prima.
Però ti rimane quel dubbio, su cui hai la possibilità di pensare parecchio mentre aspetti che il treno, in ritardo di due ore, parta. Ho come l’impressione di non aver pagato abbastanza per avere un rapporto con questa città.