Il concerto

In un dialogo scritto per un pezzo di teatro (per la cronaca “Sempre” in scena anche il 4 dicembre 2010 all’Auditorium di Rho), parlo di come, secondo il protagonista, la vita possa essere vissuta in tre modi: uno è sul palco a suonare, due è giù dal palco a ballare e tre è stare a casa propria, lontano dal concerto, felici di ignorare e di essere ignorati.

Concerto

Concerto

Io ho sempre optato per l’approccio uno, mi ci rispecchio, ma se suonano i Guns, ci si siede e si ascolta.

Nota bene: non parlerò di musica questa volta. Perché quando a 31 anni vai col Sò a vedere i Guns (per cui impazzivi a 16) di tutto si tratta, tranne che di musica.
E’ un turbine di cose che cambiano, un confronto immediato tra chi volevi essere e chi poi sei diventato.
Inevitabile che qualcosa faccia acqua. Certo è che se il consuntivo è anche solo il 51% a favore, allora ne è valsa la pena.
Ed allora pezzo dopo pezzo svisceri la vita e pensi: se Axl è cambiato tanto pur rimanendo tutto sommato lo stesso per me, allora posso permettermi di dire, senza troppe paturnie, che anche io son cambiato.
Non che Axl sia l’ideale a cui mi sono ispirato, beninteso, però è un buon termine di paragone.
Serve a misurare se in tutti questi anni hai perso tempo o lo hai investito in qualcosa di utile. Serve soprattutto a capire quanto sei rimasto fedele alla persona che sognavi di essere.
Lo sei stato?
No?
Ascolta ed analizza.
Perché, come ho già scritto, cambia la persona (per forza di cose), ma la sostanza DEVE rimanere quella.
E così ascolti “November Rain” e ti rendi conto che sul palco non c’è Slash che fa l’assolo, o Matt alla batteria, poi Duff, Izzy e tutti gli altri: non c’è praticamente più nessuno. Tranne la sostanza, la cosa per cui tutto, presumo, è nato: la volontà di emozionare.
In fondo è verosimile credere che la stessa cosa valga per il crescere (non l’invecchiare, non solo almeno) nella vita: tutto cambia, si evolve, ma la felicità si misura sempre in base a quanto fedele sei rimasto a ciò che volevi essere.
Per non ritrovarsi in un qualche situazione fantascientifica nella quale l’uomo che sei viene deriso dal ragazzo che eri, che con aria sprezzante e scanzonata ti dice: tutto qui?
Col cavolo.